La vicenda oggetto della recente sentenza della Commissione tributaria regionale di Genova, 8 ottobre 2021, n. 764, trae origine da un “dissidio” insorto tra l’Autorità doganale italiana e quella egiziana, in relazioni a operazioni di importazione di aglio fresco dall’Egitto da parte di una società italiana che svolge attività di commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli.
In tale occasione, la Dogana egiziana, a seguito dell’invio al controllo da parte della Dogana italiana dei certificati di origine emessi dall’Autorità egiziana, discostandosi dalla prassi seguita fino a quel momento, ha preteso che le fossero trasmessi gli originali dei certificati di origine Eur 1, al fine di procedere alla richiesta della verifica di autenticità.
La Dogana italiana ha risposto, precisando che l’art. 33, par. 2 dell’accordo bilaterale euromediterraneo 2004/635/CE riteneva sufficiente fornire una copia dei certificati oggetto di controllo.
Tuttavia, in difetto di trasmissione degli originali da parte della Dogana italiana, l’Autorità egiziana non ha fornito la conferma di autenticità dei certificati Eur 1.
Tale situazione si è riverberata ai danni della contribuente, atteso che l’Ufficio, ritenendo che non fosse stata provata l’origine preferenziale della merce importata, ha revocato le agevolazioni tariffarie, applicando le conseguenti sanzioni.
Su tale vicenda si sono pronunciati giudici di secondo grado, i quali, confermando la sentenza della Commissione tributaria provinciale, hanno con molta chiarezza affermato che “Posto che la società aveva presentato tutta la documentazione necessaria per effettuare le importazioni, compresi i certificati di origine della merce, non emerge dagli atti e dagli scritti difensivi alcuna omissione, negligenza o errore professionale imputabili alla stessa: ne consegue l’impossibilità di far ricadere sul contribuente incolpevole le conseguenze della mancata collaborazione tra le autorità doganali dei due Paesi, a prescindere dagli eventuali errori commessi da una di esse. Tanto più che, a fronte di due analoghe importazioni di aglio avvenute pochi giorni prima e dell’esito positivo della verifica di autenticità dei relativi certificati di origine, è difficile comprendere le ragioni sostanziali sottese alla revoca delle agevolazioni tariffarie. A fronte di tali presupposti, sarebbe stato eventualmente onere dell’Ufficio dimostrare la falsità della documentazione già acquisita, ma non era possibile trasferire sulla contribuente le conseguenze di una situazione in alcun modo ricollegabile alla sua condotta”.